Cresce la preoccupazione per l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 anche in Rwanda, Paese africano peraltro sino ad oggi individuato come “modello” nell’affrontare la pandemia.
Il Rwanda infatti, pur non avendo grandi scorte di ventilatori o di posti in terapia intensiva, ha comunque un sistema basato sulla partecipazione della comunità e la centralità del paziente. Quando il governo nazionale ruandese ha istituito un lockdown in tutto il Paese a metà dello scorso mese di marzo, si è coordinato con i capi dei villaggi per la distribuzione di beni alimentari essenziali a decine di centinaia di famiglie bisognose. Il governo ha fatto anche dei passi per garantire che le popolazioni più vulnerabili fossero sottoposte ai tamponi, alla quarantena e che fossero curate gratuitamente. Inoltre, coloro che risultavano positivi, potevano contare sul sostegno statale anche in termini di cibo e alloggio.
Dal mese di febbraio 2021, però, a causa dell’aumento dei contagi, si è stati costretti a trasformare anche il Centro di Santè a Muhura e i due Centri del Distretto di Gatzibe in Poli Sanitari per pazienti colpiti da coronavirus.
A Muhura, oggi, vengono ricoverate sempre più persone in condizioni di estrema gravità.
La situazione viene definita “assai preoccupante” dalle suore in loco, aggravata dalle estreme difficoltà e dai rischi che si corrono per controllare i pazienti meno gravi e per la distribuzione di guanti e mascherine.
In prima fila con le ONG per mascherine
e medicinali
La priorità sarebbe riuscire a dotare i Centri, e il maggior numero di famiglie, di tutti i principali dispositivi di protezione per la prevenzione del virus: mascherine chirurgiche, test rapidi, disinfettante, sapone, oltre a Vitamina C, Paracetamolo, Amoxicillina.
Tutte le ONG presenti in Rwanda si sono mobilitate a tale scopo.
Anche AMOA, il cui progetto per il Rwanda si è sviluppato in varie fasi già a partire dal 2008 attraverso la formazione del personale medico e paramedico, la fornitura dei farmaci chemioterapici per la cura del retinoblastoma, tumore maligno che colpisce i bambini, quindi con l’acquisto di una lampada a fessura per il “Rwanda Charity Eye Hospital” del dottor Piet Noe, si è mobilitata come associazione.
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