23 Novembre 2024

Il concetto di salute
e malattia nell’Africa tradizionale

Salute, malattia, concetti a noi ben noti e comuni: ma che significato assumono in Africa, come vengono considerati e vissuti dalla popolazione? Ne parla Francesco Martelli, presidente AMOA.

La Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente assenza di malattia o infermità’. Per la medicina scientifica (occidentale) la salute è, invece, essenzialmente uno stato ideale di assenza di malattie o di infermità. Il suo universo si restringe al corpo umano considerato come complesso meccanico assimilabile, nello stato ottimale, alla macchina perfetta. Le sue parti ed i suoi processi sono misurabili e quantificabili; quando serve, aggiustabili.

L’Africa è un continente molto vasto e suddiviso in diverse aree, che presentano variabilità non solo di popolazioni e culture, ma anche di clima e di tessuto storico. Con l’arrivo degli europei, fa quindi il suo ingresso in Africa la tradizione medica occidentale, definita come biomedica, basata su una comprensione biologica del corpo.

La medicina tradizionale africana invece, nelle sue diverse declinazioni, ha una visione della salute meno meccanica e biologica. Essa è fondata su una dimensione secondo la quale la malattia non è considerata in termini di disfunzione organica, ma è in relazione con il contesto sociale in cui il paziente si trova.

Ogni aspetto dell’Africa è intriso di spiritualità, mistero e tradizione. Vi è una visione cosmologica della vita e l’uomo appartiene ad un sistema olistico in relazione profonda con gli elementi della natura e con il sovrannaturale. Una persona può essere considerata davvero “umana” se è in armonia con sé stesso e con la comunità, creando appartenenza, interdipendenza, interconnessione. Un altro elemento cardine di questa visione della vita è il ruolo centrale ricoperto dagli antenati e da altri spiriti defunti, i quali esercitano un’influenza agendo da intermediari tra il mondo dei viventi e quello divino.

Sicuramente il medico di stampo occidentale potrebbe trarre ispirazione dall’approccio olistico considerando il paziente non solo come un caso terapeutico, ma anche come una persona che deve affrontare un percorso pieno di paure e preoccupazioni e che necessita quindi di maggiore supporto emotivo durante la malattia. Capiamo inoltre perché nei nostri pazienti africani ci sono categorie difficili da comprendere, come la prevenzione, il contagio e la cronicità della malattia. Soprattutto quest’ultimo concetto, così saldamente presente nel nostro comune sentire delle cure mediche, è invece, oltreché per motivi economici, spesso rifiutato in Africa e la malattia “deve” essere eliminata molto più che curata.

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