In Madagascar l’impegno di Lino De Marinis, oculista e appassionato fotografo
Quando si decide di intraprendere una missione di volontariato medico in un Paese del terzo mondo, ed in particolare in un Paese africano, non hai mai, alla partenza, la certezza di poter operare nel migliore modo possibile.
Pur organizzandoti bene, non conosci mai perfettamente le condizioni igieniche della popolazione e delle strutture sanitarie dove ti recherai, non sai mai se è presente tutta la strumentazione necessaria ed il grado di preparazione e quindi la possibilità di collaborazione da parte del personale locale, oltre ad essere consapevole che avrai problemi con la lingua della popolazione.
Questi timori e queste ansie vengono, però, immediatamente superati appena incominci a vedere i primi risultati: adulti o bambini che sorridono appena riescono a lavorare o a leggere con gli occhiali che hai dato, persone affette da infezioni che trovano sollievo con le terapie adatte, e soprattutto anziani con cataratta bilaterale, che prima erano impossibilitati a muoversi, ricominciare a fare i primi timidi passi da soli, senza dover essere accompagnati dai familiari che in questo modo sono liberi di potersi applicare ad altre mansioni.
Qualsiasi volontario, medico, ottico, infermiere o semplice accompagnatore, quando fa il resoconto della giornata appena trascorsa, ricorda non la fatica per il lavoro fatto ma gli sguardi e le espressioni pieni di felicità e di ringraziamenti dei pazienti. Tante volte io ho detto ai responsabili della missione: “questa sera sono stanco ma felice”!
Sono anche un appassionato fotografo, e pertanto cerco di immortale il meraviglioso paesaggio del Madagascar e soprattutto la sua popolazione, che pur vivendo in uno dei Paesi più poveri del mondo, è assai disponibile, quasi sempre con il sorriso sulle labbra.
Mi reco tutti gli anni nel mercato di Ihosy, che è una grande fonte di ispirazione fotografica. Infatti in qualsiasi mercato del mondo è possibile ammirare una miriade di colori, incontrare tanta gente di ogni ceto sociale, ascoltare una infinità di voci e suoni, sentire tanti odori anche se non sempre piacevoli, fin dalle prime luci di un qualsiasi giorno e proprio per questi motivi esso ha sempre costituito motivo di interesse per un fotografo, dilettante o professionista. I mercati africani presentano, in modo accentuato, tutte queste caratteristiche.
Lo faccio prima di iniziare il lavoro, nelle prime ore del mattino, nell’orario migliore per fotografare, sia per le luci che più tardi sono già troppo alte, sia per la temperatura ancora non soffocante e per la minore confusione. Spesso però devo adattarmi agli orari più imprevisti e meno ideali per una fotografia. Per me, come penso per tutti, recarsi in un mercato è anche l’occasione per entrare a contatto diretto con la popolazione locale, conoscerla meglio ed anche farci conoscere meglio e qualche volta allontanare la diffidenza che ha verso lo “straniero”. Riusciamo così a scambiare saluti, sorrisi, qualche parola anche se incomprensibile per la diversità delle lingue, familiarizzare facendo vedere sullo schermo della macchina fotografica le immagini.
L’esperienza professionale ed umanitaria, insieme alla possibilità di conoscere la situazione precaria, lontana da ogni possibile immaginazione, in cui vivono tante persone, mi hanno fatto tornare a casa sempre con tanto entusiasmo ma anche con il rammarico di non aver fatto di più e quindi con l’intenzione di tornare appena possibile. Non potrò, inoltre, riuscire a dimenticare le persone che ho visto e conosciuto ogni volta, oppure le splendide visioni di una natura unica ammirata nei lunghi trasferimenti o nelle visite nei villaggi più sperduti del Madagascar.