Rosa Malvezzi, da sempre, sostiene AMOA.
“In ricordo di mio marito Vittorio, per solidarietà
e perché credo nelle persone”
“AMOA l’ho conosciuta attraverso una bacheca dell’Ospedale Maggiore di Bologna, eravamo all’inizio del duemila. Mio marito, Vittorio della Porta, medico oculista in pensione, era lì per un intervento di routine agli occhi. Lessi di questi medici che andavano in Africa per visitare e operare le persone più povere e prive di assistenza, e per formare medici del posto, e l’idea mi piacque. Allora la misi da qualche parte in un cassetto della memoria, che ho riaperto dieci anni dopo quando Vittorio ci lasciò. In casa i segni della sua professione erano evidenti: attrezzature, strumenti, una sorta di ambulatorio oculistico. Pensai fosse giusto che quel patrimonio medico non andasse disperso e di donarlo per una causa importante. Fu così che decisi di contattare Gian Luca Laffi, allora presidente di AMOA, e gli comunicai la mia volontà di regalare ogni materiale all’Associazione perché lo utilizzasse in Africa. Dove, in realtà, non sono mai stata, se non in Marocco: ma mi convinceva il pensiero di poter aiutare così tanta gente con un piccolo sforzo. Problemi di vista che da noi in Italia sono facilmente risolvibili, in Africa suonano spesso come una condanna per tanti adulti che non possono più lavorare o per bambini che progressivamente perdono l’uso della vista”.
Rosa Malvezzi Campeggi si racconta sottovoce: una vita importante alle spalle, un presente fitto d’impegni, un orizzonte sempre segnato dalla filantropia, dalla solidarietà, dalla tensione verso chi ha bisogno. “Ma senza apparire troppo, con voi di AMOA parlo volentieri, però niente foto…”. Ha scelto lei, nel tempo, nel corso della sua ininterrotta amicizia con AMOA, di finanziare l’Health Center di Wassara, in Etiopia e, di recente, di contribuire all’acquisto di due microscopi per le strutture ospedaliere di Adwa, sempre in Etiopia, e di Dschang in Cameroun, oltre che di un vitrectomo portatile per le missioni dei medici e degli ottici AMOA. “Lo faccio certamente per onorare la memoria di mio marito Vittorio – ricorda Rosa – e perché credo fortemente nelle persone, nelle opportunità, nell’essere parte attiva per la propria comunità”.
Racconta Gian Luca Laffi: “Fu Maria Chiara Venturi, oculista ad Argenta, e il cui figlio partecipa oggi alle missioni AMOA, a presentarmi Rosa Malvezzi. La nostra Associazione era nata da poco e il suo, da subito, fu un contributo importante. Negli anni si è sviluppata un’amicizia che ha coinvolto anche le famiglie. E’ stato un piacere, oltre che un doveroso riconoscimento, mettere una targa all’ingresso del Centro di oftalmologia di Wassara che ricorda la donazione di Rosa Malvezzi in memoria del marito Vittorio. Wassara, va ricordato, è un villaggio etiope immerso in una zona montuosa, impervia e selvaggia. Povero di acqua e privo di servizi, dove spesso il generatore non funziona. Quante operazioni all’inizio abbiamo fatto a lume di candela… All’Health Center, struttura intermedia tra il primo intervento e l’ospedale, piccole cliniche generalmente utilizzate per assistere gestanti e neonati, abbiamo ora attrezzato un ambulatorio per le visite oculistiche e una sala operatoria per gli interventi alla cataratta, prima causa della cecità in Etiopia e in tutta l’africa, e sulle palpebre. Tutto questo grazie ai fondi AMOA e alle donazioni”.
“Occhio agli Health Centers” è il titolo del progetto curato in Etiopia dal medico oculista Massimo Di Maita e da Nicoletta Rivela, assistente oftalmologica. “4,8 milioni di ciechi, 16,6 milioni di ipovedenti, con, in media, 1 oculista per milione di abitanti. Questa è l’Africa oggi – sottolinea Di Maita -. E noi a Wassara abbiamo di fatto creato una Unità operativa oculistica e ottica autosufficiente, in grado di gestire le esigenze di oltre centomila abitanti. E questo grazie anche a Rosa Malvezzi Campeggi”.