Si chiamano Vestine Barakagendana, Samuel Ngirishaka Bizimana, Dominique Savio Mujawariya, Gaudence Nyirabazungu, Lucky Iranejeje, Kaje Lambert. C’è chi ha 4 anni (Lucky), chi 84 (Gaudence).
In comune, oltre ad essere assistiti al “Rwanda Charity Eye Hospital” di Kigali per problemi alla vista, hanno oggi sei cornee nuove. Grazie ad una straordinaria collaborazione tra la Banca delle cornee dell’Emilia Romagna (in prima fila la direttrice della Banca, dottoressa Rita Mancini, la responsabile oculista Paola Bonci e la biologa Rosanna Carroccia), AMOA e il dottor Piet Noë.
Le cornee, in scadenza e che non potevano essere utilizzate in Italia causa la chiusura delle sale operatorie per la pandemia di Covid-19, sono così state spedite dall’ospedale bolognese a Kigali e hanno consentito di restituite la vista a sei persone attraverso il trapianto.
AMOA, che è oggi al fianco del “Rwanda Charity Eye Hospital di Kigali” anche attraverso la donazione di mascherine, ha attivato missioni in Rwanda da oltre dieci anni e dal 2013 finanzia il “Progetto Retinoblastoma”, che ha già permesso di curare oltre 300 bambini.
Di assoluto interesse la storia di Piet Noë, medico oculista, prima direttore del “Kabgayi Eye Unit” e oggi al “Rwanda Charity Eye Hospital di Kigali”. Vi anticipiamo qui, in esclusiva, alcuni brani della sua testimonianza nel libro che AMOA ha in pubblicazione subito dopo l’estate (non vi diciamo di più ora, ma sul sito e sui social troverete presto informazioni…).
“Sono un oculista belga e dal 2008 lavoro a tempo pieno in Rwanda – racconta dottor Piet Noë -. Da circa 10 anni collaboro con AMOA. Numerosi volontari dell’Associazione, nel tempo, sono venuti ad aiutarci in Rwanda e AMOA sostiene da sempre il nostro lavoro e i nostri pazienti…. avevamo avuto in visita a Kabgayi Michela Russo, volontaria AMOA, che mi vide ricoverare una bambina affetta da un retinoblastoma molto avanzato, incurabile senza chemioterapia. Non passarono neppure dodici mesi che AMOA inviò il primo lotto di Vincristina, Etoposide e Carboplatino, un trattamento salvavita per il retinoblastoma. E, da allora, ogni anno AMOA invia i farmaci necessari per trattare tanti bambini… Il risultato è stato che dal 2012 abbiamo potuto offrire un trattamento salvavita ai pazienti con retinoblastoma. Abbiamo curato da tre a quattro nuovi casi di retinoblastoma ogni mese, tra 40 e 50 bambini all’anno e abbiamo gradualmente ricevuto sempre più pazienti anche dai Paesi vicini, Burundi e Repubblica Democratica del Congo… Abbiamo capito che era davvero necessario garantire tutto gratuitamente a quei pazienti: non solo le cure, ma anche gli esami di laboratorio, il cibo e il trasporto a casa. Quando non abbiamo fornito i soldi per il viaggio in autobus i pazienti non sono potuti tornare per la sessione successiva di chemioterapia. La maggior parte dei bambini ha infatti bisogno di sei cicli di chemioterapia ad intervalli di un mese e rimangono ricoverati in ospedale per circa tre giorni. Il tasso di sopravvivenza dei bambini con retinoblastoma che abbiamo trattato è compreso tra il 50% e il 60%…”.