Emergenza coronavirus in Africa. I dati e i tanti interrogativi nel racconto di Sergio Tabacchi
I dati più recenti, secondo il Centro di controllo delle malattie dell’Unione Africana, certificano come i casi di contagio da coronavirus raggiungano ormai quota 8.000 in 50 Stati, con oltre 300 decessi ufficiali. Il primo Paese per numero di vittime, a oggi, è l’Algeria; il più colpito dal Covid-19 il Sudafrica. Di positivo, si segnala la progressiva crescita quotidiana del numero dei guariti.
“A causa del coronavirus la situazione sanitaria si sta dimostrando un problema enorme nel mondo occidentale, dove i sistemi di assistenza e cura fino ad oggi sembravano all’avanguardia, dunque guardiamo con grande preoccupazione a ciò che può accadere nei Paesi in via di sviluppo ed in particolare in Africa dove abbiamo in corso i nostri progetti – sottolinea Sergio Tabacchi, vicepresidente AMOA -. Nel continente africano, dove già l’accesso all’acqua in condizioni normali è complicato, potrebbe risultare quasi impossibile mettere in atto misure igieniche e di contenimento adeguate, attività di screening e soprattutto misure terapeutiche idonee”.
“La domanda che ci si pone, poi, è quanto i numeri che vengono divulgati siano attendibili, dal momento che sicuramente il numero dei tamponi fatti è modestissimo – prosegue Tabacchi -. Da quanto mi risulta, molti Paesi africani stanno cercando di contenere l’infezione con misure restrittive sul modello cinese/europeo (chiusura confini, scuole ed uffici, invito a non uscire, come nella foto dell’Etiopia che proponiamo); si sta inoltre cercando di distribuire acqua pulita, di insistere sul rispetto delle misure igieniche. Il tutto tra mille difficoltà: esistono, soprattutto nelle grandi capitali, quartieri ad altissima densità abitativa; negli slum tipo quelli di Nairobi le persone vivono a strettissimo contatto e le possibilità di contagio sono assai elevate”.
“Oltre all’emergenza sanitaria un altro aspetto importante è l’emergenza sociale. In molti Paesi a causa delle difficoltà economiche le persone non riescono più a procurarsi il cibo; i prezzi sono aumentati ed in Kenya, ad esempio, dove il 70% delle persone vive in povertà estrema, anche i furti e le rapine sono cresciuti in maniera esponenziale. Le tensioni sociali spaventano i governi e si temono sommosse popolari. Dal punto di vista economico – conclude Tabacchi – dopo questa crisi l’Africa soffrirà un calo importante del turismo, una riduzione degli investimenti da parte dei Paesi stranieri e degli aiuti allo sviluppo. Si stima che l’Africa possa perdere il 50% del suo Pil. Prospettive sicuramente non incoraggianti che andranno ad incidere negativamente su un continente il cui cammino, da sempre difficile, rischia di complicarsi ancora di più. Sarà indispensabile una grande mobilitazione della comunità internazionale”.